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talpy ([personal profile] talpy) wrote2019-02-28 10:13 pm

[Originale] Word's fire

Titolo: Word’s Fire

Rating: SAFE

Parole: 585

Iniziativa: M2 Cowt-9, prompt “Era una gioia appiccare il fuoco. (Ray Bradbury, Farenheit 451)”.
Note: tecnicamente nello stesso mondo di originali 1, 2 e 3, ma comprensibile anche senza aver letto le altre (sebbene è consigliata la lettura della fic 1).

 

Con un ultimo sbuffo di fatica, rovesciai l'ultimo scatolone sulla cima della pila che avevo creato. Il tonfo dei libri e il fruscio della carta mentre cadevano mi fece salire un brivido lungo la schiena. Il mio corpo si mosse in automatico, sistemando tutto nel mondo più funzionale possibile per quello che avrei dovuto fare, la mia mente lontana, ormai abituata a quella preparazione.

 

Se giusto un anno e mezzo fa, diamine, anche solo durante la prima volta, qualcuno mi avesse detto quello che mi attendeva, gli avrei riso in faccia e magari preso spunto da quelle follie pere un racconto. Ma adesso... so cosa vuol dire giocare col fuoco.

 

~

 

Tutto era cominciato un mese fa, mentre tornavo a casa. Passai davanti al mercato dell'usato, guardandomi un po' attorno, alla ricerca di qualche oggetto particolare che potesse decorare il soggiorno. Ancora adesso non so cosa mi attrasse verso quella bancarella: lo scintillio dell'argento? I colori della piuma? In ogni caso, prima che me ne rendessi conto, stavo esaminando una vecchia penna d'oca dalla punta d'argento. La osservavo rapito, chiedendomi cosa ci facesse un gioiellino del genere in un mercato delle pulci qualunque. D'istinto la comprai, senza nemmeno battere ciglio al prezzo: non volevo altro che portarla a casa e usarla.

 

Ci misi un po' a realizzare che era la penna la causa di quella sensazione euforica che mi aveva cominciato a possedere quando scrivevo, pensavo solo di aver raggiunto quel punto di totale concentrazione ed estraniamento dalla realtà di cui parlano i grandi autori. Fu la dipendenza dal piacere che mi procurava mettere giù parola dopo parola, riga dopo riga, a permettermi di concludere in tempo il mio manoscritto. Credo anche che sia stata la sua influenza a dargli quel "non so che" che convinse agente e editore a pubblicarlo in direttissima. Non sapevo, tuttavia, quello che quel successo mi avrebbe portato.

 

Ancora oggi non saprei definire cosa mi spinse a portare quella penna con me a quel piccolo firma-copie. Forse volevo destare scalpore, suscitare invidia e stupore, ma forse era semplicemente il desiderio di riprovare l'ebbrezza della scrittura. Solo ore dopo, una volta che avevo finito di firmare e l'euforia mi stava passando, mi resi conto dei sudori freddi e dei tremori.

 

I medici non sapevano che dirmi, silenziosamente convinti che fosse un sintomo psicosomatico, ma sapevo che c'era qualcosa di diverso, di più strano nel mio malessere. Per un narratore della mia posizione, non fu difficile trovare il venditore di storie e pattuire uno scambio: un racconto inedito per le informazioni di cui necessitavo. Ricordo ancora il suo viso ghignante e i suoi occhi scintillanti di curiosità, mentre mi spiegava cosa mi era successo e come risolverlo. Ovviamente, non fece parola degli effetti collaterali della cura.

 

La prima volta che mi trovai davanti alla piccola pira di libri autografati, c'era ancora in me qualcosa che esitava all'idea di bruciarli. Tuttavia non avevo scelta, se volevo rimettermi in salute: lanciai un fiammifero sulla pila di carta pregna di benzina.

 

Non ero preparato, ma come avrei potuto? Come potevo sapere che ricevere di nuovo tutta quell'energia indietro avrebbe portato a una sensazione dieci volte più forte di quando scrivevo? E soprattutto, come poteva non essere scontato che l'avrei fatto ancora?

 

~

 

Il lancio del fiammifero era diventato ormai un gesto familiare, così come pregustare ciò che stava per venire. Quando caddi in ginocchio per l'euforia, sul punto di stendermi, tutto ciò che riuscivo a vedere attraverso i miei occhi socchiusi era il fuoco delle mie parole.

 


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