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Titolo: Have no place I can be (since I found Serenity)
Fandom: Originale
Wordcount: 1441
Warning: Gen, light femslash
Prompt: Maritombola-90, Warning “Gen”. Cow-t 7: almeno 600 parole su “Sereno”.
Note: Il titolo viene da “The Ballad of Serenity” di Sonny Rhodes, opening di Firefly. La fic è un seguito di “Your voice (is a weapon)”. Kudos a chi coglie la citazione letteraria giapponese nel testo. Mini-cut con la trama in soldoni.
Claire è una principessa maledetta da una fata, non può parlare senza far uscire delle fiammate. Scappata dal palazzo, viene accolta da Marlene, una strega brontolona che odia la gente stupida, ma che poi comincia ad amare la ragazza. Scopre le sue vere origini solo quando le guardie che cercavano la principessa tentano di portarla via, ma Claire reagisce. Dopo le due lasciano la casa di Marlene, e poi…
C’è una casa ai confini del villaggio, con un recinto di paletti ormai diventati verde-muschio attorno al giardino. Questo sembra quasi essere selvatico, non toccato da mano umana, tanto sono folti e rigogliosi i fiori, le piante e gli alberi che contiene, ma si sa che la casa è sì vecchia, ma non vuota.
Da quel giorno sono passati ormai quindici anni, ma c’è ancora qualcuno tra gli abitanti che si ricorda quando la casa ritornò ad essere abitata. Dopotutto, il villaggio è lontano dalle città e così sperso nei monti che nemmeno gli esattori del regno (noti per essere tra le creature più tenaci di questa terra) ci passavano, e ogni visitatore e nuovo arrivato è accolto ora come allora con meraviglia e stupore. Quel giorno il sole era luminoso e l’aria fresca, presagendo la fine dell’estate, e le due viaggiatrici arrivarono in tarda mattinata con il vento alle loro spalle. I bambini si fermarono a guardarle a bocca aperta, ignari del significato del cappello nero di una e dei capelli rossi dell’altra.
Il loro giardino era pieno di fiori sconosciuti dall’odore irresistibile.
I rimedi che vendevano al mercato avevano aiutato molti degli abitanti più fragili a superare l’inverno.
Anche se quella dai capelli rossi sembrava più tranquilla e gentile, era quella più brontolona a mollare ogni tanto un dolcino ad un bambino particolarmente sveglio.
A chiunque si trovasse alla loro porta offrivano qualcosa di caldo e un consiglio.
Il sorriso di una di loro era più luminoso se stringeva la mano dell’altra.
Facendosi coraggio, entra nel giardino e avanza fino all’ingresso, ma quando fa per bussare la porta si apre da sola, rivelando una donna di mezz’età; dopo averlo squadrato, ad occhi socchiusi, dice con voce seccata:
- Sei in ritardo.
Il ragazzo resta fermo, interdetto, con la mano ancora in aria; la donna chiude gli occhi sospirando e rientra in casa, lasciando la porta aperta. Scuotendosi dalla sorpresa, il giovane la segue esitante.
Una volta entrato in quella che sembra una cucina, la donna gli indica una sedia vicina al tavolo prima di girarsi verso un pentolone in equilibrio sul fuoco.
-…Perché sarei in ritardo?
- Beh, sei passato per Ihatovu due settimane fa e normalmente ci vogliono una decina di giorni. Quindi, sei in ritardo.
Il giovane annuisce, rimanendo in silenzio. Dopo un po’, la donna prende una ciotola e la riempie velocemente con il contenuto del pentolone, mettendogliela davanti con un cucchiaio.
- Dai, mangia, un po’ di stufato ti farà bene. E magari ti scioglierà la lingua.
Il viaggiatore ringrazia sottovoce prima di portarsi un cucchiaio alla bocca, per poi cominciare a mangiare con gusto.
- Quindi ragazzo, come ti chiami?
- Jacq-Jack. Mi chiamo Jack.
- Va bene…Jack, cosa ti porta qui? Dubito che tu abbia fatto tutta questa strada solo per mangiare il mio stufato.
L’altro arrossisce leggermente.
- Ecco, io…no, il motivo è…è…
La donna trattiene una risata, nel sedersi di fronte a lui con un’altra ciotola di stufato.
- Stai tranquillo ragazzo, non ti mangio mica! Forza, fai un bel respiro e comincia con “Marlene, sono venuto da te perché…”
Il giovane chiude gli occhi inspirando profondamente, per poi riaprirli quando espira, lasciando cadere le spalle tese.
- Sono qui perché me l’ha chiesto mio padre.
Marlene fa un suono di consenso mentre mangia, incitandolo a continuare. Jack fa un altro respiro, e ricomincia a parlare.
- Mio padre è un brav’uomo, ha sempre trattato me e i miei fratelli con affetto e ha sempre cercato di crescerci con saggezza. Però, nei suoi occhi c’è sempre stato un sottofondo di tristezza, e non sapevo perché. Almeno, fino a tre mesi fa.
Il ragazzo scuote la testa, lo sguardo addolorato, evidentemente immerso nei suoi ricordi, abbastanza da non accorgersi dei leggeri passi dietro di lui.
- Allora mi ha spiegato perché ha sempre insegnato a me e ai miei fratelli a sempre sostenerci a vicenda, ad aiutarci l’un con l’altro nei momenti di bisogno. Perché c’è stato un momento in cui lui non l’aveva fatto.
Jack mantiene gli occhi bassi, concentrati sul suo piatto; così non riesce a vedere che lo sguardo malinconico di Marlene si ferma dietro di lui.
- Mi ha detto che aveva una sorella, che i suoi genitori avevano isolato completamente, e che quando lei scappò loro avevano mandato delle persone a riportarla indietro, dicendogli che era pericolosa e che doveva essere rinchiusa da qualche parte. Però…
Le mani che Jack tiene appoggiate sulle ginocchia stringono la piega dei pantaloni.
- Però mio padre si ricordava dei suoi sorrisi, dei giochi che facevano da bambini, e non sapeva cosa pensare. Solo quando è riuscito a liberarsi dalla loro influenza ha capito veramente che cosa aveva fatto. E mi ha inviato qui per cercare di rimediare.
Il ragazzo alza lo sguardo sulla donna davanti a lui, per la prima volta sicuro di sé.
- Marlene, mi hanno detto che lei è l’unica persona a sapere dove sia mia zia. La prego di dirmelo, così che possa darle il messaggio di mio padre.
Lei gli sorride, senza dire una parola, facendo un gesto con la testa come per invitare qualcuno ad avvicinarsi. Jack sente qualcuno muoversi dietro di lui, e per un attimo non riesce a respirare quando riesce finalmente a vedere chi. La donna dai capelli rossi davanti a lui, che si sta sedendo accanto a Marlene, ha lo stesso viso (sebbene invecchiato) che vede ogni giorno nelle sue sorelline; dopotutto, potrebbe essere che…
-…zia Claire?
Lei gli sorride, annuendo, gli occhi lucidi.
I momenti successivi sono pieni di abbracci, lacrime e racconti, un tentativo di recuperare in qualche ora più di quindici anni di storie familiari. Jack, oltre a rivelare che non c’è più una taglia per la loro cattura, spiega loro che il suo vero nome è Jacques, ma che aveva deciso di viaggiare sotto falso nome per non dare dell’occhio (-Un po’ stupido ragazzo mio, –dice sbuffando Marlene- dal momento che si vede da lontano un miglio che non sei un paesano).
Ad un certo punto, Jacques si morde un labbro, prima di dire:
- Mio padre mi ha chiesto di domandarti se volessi tornare a palazzo con me, per incontrarlo, però…non accetterai, vero?
Claire scuote la testa, per poi cominciare a muovere le mani, mentre Marlene traduceva i suoi gesti.
- Vorrei rivedere mio fratello, ma non in quel posto, dove ho sofferto tanto. Qui, con Marlene, sono finalmente serena, la mia vita è calma e…sono felice con lei.
Jacques osserva le due donne davanti a lui, le loro mani intrecciate sopra il tavolo, le occhiate furtive e i piccoli sorrisi dolci che si rivolgevano. Jacques le guarda e sorride, finalmente tranquillo al pensiero che potrà sinceramente dire al padre che sua sorella ha finalmente trovato la serenità.
Fandom: Originale
Wordcount: 1441
Warning: Gen, light femslash
Prompt: Maritombola-90, Warning “Gen”. Cow-t 7: almeno 600 parole su “Sereno”.
Note: Il titolo viene da “The Ballad of Serenity” di Sonny Rhodes, opening di Firefly. La fic è un seguito di “Your voice (is a weapon)”. Kudos a chi coglie la citazione letteraria giapponese nel testo. Mini-cut con la trama in soldoni.
Claire è una principessa maledetta da una fata, non può parlare senza far uscire delle fiammate. Scappata dal palazzo, viene accolta da Marlene, una strega brontolona che odia la gente stupida, ma che poi comincia ad amare la ragazza. Scopre le sue vere origini solo quando le guardie che cercavano la principessa tentano di portarla via, ma Claire reagisce. Dopo le due lasciano la casa di Marlene, e poi…
C’è una casa ai confini del villaggio, con un recinto di paletti ormai diventati verde-muschio attorno al giardino. Questo sembra quasi essere selvatico, non toccato da mano umana, tanto sono folti e rigogliosi i fiori, le piante e gli alberi che contiene, ma si sa che la casa è sì vecchia, ma non vuota.
Da quel giorno sono passati ormai quindici anni, ma c’è ancora qualcuno tra gli abitanti che si ricorda quando la casa ritornò ad essere abitata. Dopotutto, il villaggio è lontano dalle città e così sperso nei monti che nemmeno gli esattori del regno (noti per essere tra le creature più tenaci di questa terra) ci passavano, e ogni visitatore e nuovo arrivato è accolto ora come allora con meraviglia e stupore. Quel giorno il sole era luminoso e l’aria fresca, presagendo la fine dell’estate, e le due viaggiatrici arrivarono in tarda mattinata con il vento alle loro spalle. I bambini si fermarono a guardarle a bocca aperta, ignari del significato del cappello nero di una e dei capelli rossi dell’altra.
〜 . 〜 . 〜
Il giovane viaggiatore procede tranquillamente lungo il suo cammino, appoggiandosi ogni tanto al suo bastone di legno. Alcuni sentieri di montagna sono troppo mal tenuti per cavalcare senza rischi, cosa che comporta lunghi viaggi e che normalmente scoraggia i visitatori, ma lui continua ad avanzare. La calma del suo passo, tuttavia, non trova riscontro nell’ansia che gli si legge negli occhi.〜 . 〜 . 〜
Nel corso del loro primi anni di residenza, il villaggio imparò a conoscere le nuove arrivate, osservandole bene.Il loro giardino era pieno di fiori sconosciuti dall’odore irresistibile.
I rimedi che vendevano al mercato avevano aiutato molti degli abitanti più fragili a superare l’inverno.
Anche se quella dai capelli rossi sembrava più tranquilla e gentile, era quella più brontolona a mollare ogni tanto un dolcino ad un bambino particolarmente sveglio.
A chiunque si trovasse alla loro porta offrivano qualcosa di caldo e un consiglio.
Il sorriso di una di loro era più luminoso se stringeva la mano dell’altra.
〜 . 〜 . 〜
Al viaggiatore sfugge quello che sembra un sospiro di sollievo quando comincia ad intravedere il villaggio, mentre il suo passo si fa più veloce. Man mano che avanza tra le case, abbassa il suo sguardo, imbarazzato da quelli che gli rivolgono gli abitanti, ma procede spedito fino a quella che sembra essere la taverna del posto. Nell’entrare trattiene il respiro, sperando che il suo viaggio non sia invano.〜 . 〜 . 〜
Molti non avrebbero saputo dire quando le donne di quella casa isolata erano diventate da forestiere a parte del villaggio: la transizione era stata naturale e spontanea, come il ciclo delle stagioni. Avevano intuito che la vera ragione del loro arrivo era più profonda e seria di quella che le due lasciavano intravedere (erano isolati dal resto del regno, non stupidi), ma ormai non importava. Erano diventate parte della loro comunità, della loro famiglia, e le avrebbero protette ad ogni costo.〜 . 〜 . 〜
Il giovane viaggiatore resta fermo davanti all’ingresso del recinto, stringendo il bastone tra le mani. Ha impiegato più tempo di quanto pensasse ad ottenere informazioni, non aspettandosi l’atteggiamento sospettoso della locandiera e gli sguardi dati di sottecchi dagli altri avventori. Tuttavia, è finalmente qui, a quella che potrebbe essere la fine del suo viaggio.Facendosi coraggio, entra nel giardino e avanza fino all’ingresso, ma quando fa per bussare la porta si apre da sola, rivelando una donna di mezz’età; dopo averlo squadrato, ad occhi socchiusi, dice con voce seccata:
- Sei in ritardo.
Il ragazzo resta fermo, interdetto, con la mano ancora in aria; la donna chiude gli occhi sospirando e rientra in casa, lasciando la porta aperta. Scuotendosi dalla sorpresa, il giovane la segue esitante.
Una volta entrato in quella che sembra una cucina, la donna gli indica una sedia vicina al tavolo prima di girarsi verso un pentolone in equilibrio sul fuoco.
-…Perché sarei in ritardo?
- Beh, sei passato per Ihatovu due settimane fa e normalmente ci vogliono una decina di giorni. Quindi, sei in ritardo.
Il giovane annuisce, rimanendo in silenzio. Dopo un po’, la donna prende una ciotola e la riempie velocemente con il contenuto del pentolone, mettendogliela davanti con un cucchiaio.
- Dai, mangia, un po’ di stufato ti farà bene. E magari ti scioglierà la lingua.
Il viaggiatore ringrazia sottovoce prima di portarsi un cucchiaio alla bocca, per poi cominciare a mangiare con gusto.
- Quindi ragazzo, come ti chiami?
- Jacq-Jack. Mi chiamo Jack.
- Va bene…Jack, cosa ti porta qui? Dubito che tu abbia fatto tutta questa strada solo per mangiare il mio stufato.
L’altro arrossisce leggermente.
- Ecco, io…no, il motivo è…è…
La donna trattiene una risata, nel sedersi di fronte a lui con un’altra ciotola di stufato.
- Stai tranquillo ragazzo, non ti mangio mica! Forza, fai un bel respiro e comincia con “Marlene, sono venuto da te perché…”
Il giovane chiude gli occhi inspirando profondamente, per poi riaprirli quando espira, lasciando cadere le spalle tese.
- Sono qui perché me l’ha chiesto mio padre.
Marlene fa un suono di consenso mentre mangia, incitandolo a continuare. Jack fa un altro respiro, e ricomincia a parlare.
- Mio padre è un brav’uomo, ha sempre trattato me e i miei fratelli con affetto e ha sempre cercato di crescerci con saggezza. Però, nei suoi occhi c’è sempre stato un sottofondo di tristezza, e non sapevo perché. Almeno, fino a tre mesi fa.
Il ragazzo scuote la testa, lo sguardo addolorato, evidentemente immerso nei suoi ricordi, abbastanza da non accorgersi dei leggeri passi dietro di lui.
- Allora mi ha spiegato perché ha sempre insegnato a me e ai miei fratelli a sempre sostenerci a vicenda, ad aiutarci l’un con l’altro nei momenti di bisogno. Perché c’è stato un momento in cui lui non l’aveva fatto.
Jack mantiene gli occhi bassi, concentrati sul suo piatto; così non riesce a vedere che lo sguardo malinconico di Marlene si ferma dietro di lui.
- Mi ha detto che aveva una sorella, che i suoi genitori avevano isolato completamente, e che quando lei scappò loro avevano mandato delle persone a riportarla indietro, dicendogli che era pericolosa e che doveva essere rinchiusa da qualche parte. Però…
Le mani che Jack tiene appoggiate sulle ginocchia stringono la piega dei pantaloni.
- Però mio padre si ricordava dei suoi sorrisi, dei giochi che facevano da bambini, e non sapeva cosa pensare. Solo quando è riuscito a liberarsi dalla loro influenza ha capito veramente che cosa aveva fatto. E mi ha inviato qui per cercare di rimediare.
Il ragazzo alza lo sguardo sulla donna davanti a lui, per la prima volta sicuro di sé.
- Marlene, mi hanno detto che lei è l’unica persona a sapere dove sia mia zia. La prego di dirmelo, così che possa darle il messaggio di mio padre.
Lei gli sorride, senza dire una parola, facendo un gesto con la testa come per invitare qualcuno ad avvicinarsi. Jack sente qualcuno muoversi dietro di lui, e per un attimo non riesce a respirare quando riesce finalmente a vedere chi. La donna dai capelli rossi davanti a lui, che si sta sedendo accanto a Marlene, ha lo stesso viso (sebbene invecchiato) che vede ogni giorno nelle sue sorelline; dopotutto, potrebbe essere che…
-…zia Claire?
Lei gli sorride, annuendo, gli occhi lucidi.
I momenti successivi sono pieni di abbracci, lacrime e racconti, un tentativo di recuperare in qualche ora più di quindici anni di storie familiari. Jack, oltre a rivelare che non c’è più una taglia per la loro cattura, spiega loro che il suo vero nome è Jacques, ma che aveva deciso di viaggiare sotto falso nome per non dare dell’occhio (-Un po’ stupido ragazzo mio, –dice sbuffando Marlene- dal momento che si vede da lontano un miglio che non sei un paesano).
Ad un certo punto, Jacques si morde un labbro, prima di dire:
- Mio padre mi ha chiesto di domandarti se volessi tornare a palazzo con me, per incontrarlo, però…non accetterai, vero?
Claire scuote la testa, per poi cominciare a muovere le mani, mentre Marlene traduceva i suoi gesti.
- Vorrei rivedere mio fratello, ma non in quel posto, dove ho sofferto tanto. Qui, con Marlene, sono finalmente serena, la mia vita è calma e…sono felice con lei.
Jacques osserva le due donne davanti a lui, le loro mani intrecciate sopra il tavolo, le occhiate furtive e i piccoli sorrisi dolci che si rivolgevano. Jacques le guarda e sorride, finalmente tranquillo al pensiero che potrà sinceramente dire al padre che sua sorella ha finalmente trovato la serenità.
no subject
Date: 2017-02-15 06:08 pm (UTC)Sì, io che passo da Livejournal è un miracolo... (no, è dovuto all'influenza bestiale che mi ha relegata a casa, dandomi però tempo di svagarmi sul web.XD)
Ho trovato questa storia e mi sono letta la prima parte, e poi questa. Le ho trovate piacevolissime, con due protagoniste che mi sono davvero piaciute. <3 Grazie di aver rallegrato la mia influenza con queste fiabe!