talpy: (Default)
talpy ([personal profile] talpy) wrote2021-02-14 05:58 pm

[DnD] You're not alone

Titolo: You're not alone
Wordcount: 2421
Note: Prompt canzone "You're not alone", restrizione fandom (originale)
#NoRereadWeDieLikeMen / Cowt!Style


Amelia non ricorda particolarmente bene la sua infanzia e l’aveva sempre considerata una cosa normale: dopotutto, chi ricorda davvero tutto quello che gli è successo a cinque anni?

Quando pensa a quel periodo, le vengono in mente solo i caldi abbracci di sua madre, le risate di quando il suo daemon rincorreva lei e Lennyn per gioco, insomma, una generale atmosfera di affetto. C’è una scena di quegli anni che invece potrebbe descrivere alla perfezione: lei e sua mamma una sera a casa che ballavano sulle note di una canzone. Non aveva mai capito bene da dove venisse, ma ricorda con estrema chiarezza quella melodia, la stanza che girava mentre andavano sempre più veloci, le mosse che improvvisava con Lennyn, infine il modo in cui sua madre la prese tra le braccia per riempirle le guance di baci.

Con il senno di poi, Amelia si è chiesta spesso se quella serata era successa davvero o se era stata creata dalla magia che le aveva alterato la memoria. Ogni volta sente una stretta al cuore e cerca di allontanare il pensiero, consapevole di non essere pronta a scoprirlo. Non ne fa parola con il suo daemon, cercando in tutti i modi di evitare il rischio di rendere in parole la possibilità, ma quando si pone queste domande Lennyn si avvolge sempre intorno al suo polso in un tacito gesto di conforto.


– E adesso dovrei credi di andare, mmm?

Amelia cerca di sgusciare via dalla presa della tabaxi, in perfetta corrispondenza con Lennyn che si dimena sibilando tra le zampe del dhole. Sanno che è un’impresa impossibile (una ragazzina contro un’adulta del genere non aveva speranze), ma c’è una voce dentro di loro, un istinto, che si ribella all’idea di essere imprigionati.

– Lasciami andare!

– Solo un secondo, voglio prima riprendermi quello che mi appartiene…

Con la mano libera l’adulta riesce rapidamente a trovare il sacchetto della refurtiva, facendo un verso di sorpresa a vedere quanto sia pesante. Quando Amelia sente il peso delle monete scomparire smette di muoversi, scoraggiata dall’idea di dover riprendere tutto il lavoro che aveva fatto da capo.

– Complimenti, accumulare un bottino del genere non dev’essere stato facile…

S’interrompe un attimo, finalmente prestando attenzione a Lennyn.

–… soprattutto con un daemon di quel colore.

Le guance di Amelia si arrossiscono per un attimo, preda all’imbarazzo. Lennyn si era stabilizzato di recente su quella forma e, per quanto in teoria essere un serpente gli permetteva di passare inosservato sotto i suoi vestiti, in pratica il rosa brillante della sua pelle lo rendeva più difficile.

La tabaxi lo continua a osservare inclinando la testa, in volto un’espressione imperscrutabile. Dopo qualche secondo, il suo daemon lascia andare Lennyn che si rifugia subito sotto la maglia della sua umana, celandosi alla vista.

La labbra della ballerina si piegano in un sorriso, mostrando leggermente i canini.

– Che dici se ti offro la cena, mmm?


– Dai, sono sicuro che andrai bene.

Le dita di Amelia tremano leggermente nel toccare la viola.

– Ci credi davvero? Non suoniamo da anni.

– In due ci ricorderemo qualcosa. E in ogni caso, non c’è nessuno a parte noi.

Amelia sospira, prendendo in mano lo strumento e l’arco. Aveva scelto apposta un luogo appartato, dove nessuno potesse disturbarli.

Sente di nuovo un pizzico di esitazione, ma il battito del suo cuore comincia a rallentare quando Lennyn si sposta sulle sue spalle, dietro al collo, facendo sentire la sua presenza senza impedirle i movimenti.

Per i primi minuti trattiene a stento una smorfia, il suono che sta producendo sgradevole all’orecchio e doloroso per la sua autostima. Dopo un po’ però, non sa come, qualcosa di passabile comincia a uscire dalla viola e la cosa le fa sorgere un qualcosa di solleticante in petto. Si concentra ancora di più, inseguendo quella sensazione, fino a quando non riesce a sentire niente se non la musica della viola e il sibilio del suo daemon che si mescolano tra loro. A quel punto sente una piccola scarica che le si diffonde lungo la spina dorsale; lo shock la porta prima ad aprire gli occhi e poi a sgranarli, quando vede una piccola luce fluttuare davanti a lei.

Una volta rotta la concentrazione la luce danzante svanisce, lasciando solo nuove domande nella sua scia.

– ... Lennyn?

– Sì?

– Era magia quella, giusto?

– Credo di sì.

Amelia si copre con una mano il viso, lasciandosi scappare un verso di esasperazione e poi un sospiro.

– Bene, – riprende, – sembra che abbiamo qualcosa di nuovo da studiare.


Giorni si trasformarono in settimane, poi in mesi e poi in anni passati con una routine ormai ben assodata. Nei primi tempi Amelia e Lennyn riuscirono a cavarsela nelle strade di Babelon con un misto di esibizioni per strada e qualche sacchetto di monete preso qua e là, cercando di non dare dell’occhio. La cosa le lasciava sempre un po’ di amaro in bocca, dopotutto le persone attorno a lei stavano cercando di sopravvivere anche loro come potevano. In quei momenti sentiva anche prepotente la rabbia che l’aveva spinta a lasciare quella che ricordava come una casa ricca ma fredda, l’ingiustizia nel come sua madre non poteva permettersi delle cure di nessun tipo mentre suo padre viveva nell’agio in un perfetto parallelismo con Babelon e Aventros. Tuttavia, che poteva fare se non cercare di andare avanti? Non poteva permettersi di pensare a qualcuno che non fosse lei e il suo daemon.

Fortunatamente, man mano che la sua dimestichezza con la viola aumentava, così facevano anche i proventi dalle sue esibizioni, al punto di permetterle di non essere costretta a rubacchiare come prima. La mezzelfa non avrebbe mai dimenticato la sensazione di trionfo quando finalmente riuscirono a prendersi una casa tutta loro e la soddisfazione nel poter finalmente tingersi i capelli, senza più il timore di risultare troppo sgargiante in mezzo alla folla. Lennyn era rimasto molto compiaciuto dal suo nuovo colore di capelli, un po’ perché invece di nascondersi sotto i vestiti di Amelia poteva mettersi attorno al suo collo, mimetizzandosi, un po’ perché era un segno evidente dell’appartenersi a vicenda. Come se condividere quel colore mostrasse a tutti che erano loro due contro il mondo, senza aver bisogno di nessun altro. Poi, tutto cambiò quando i worg decisero di attaccare.


Amelia si stende sul letto con un sospiro, la stanchezza degli ultimi giorni che si fa sentire. Non è abituata né a lottare e a investigare tutto il giorno né al lavorare con altre persone. Alza leggermente la testa, incrociando lo sguardo con quello di Lennyn che si è invece acciambellato sulla sua pancia.

– Che ne pensi?

– Di cosa, della cena?

Amelia alza un sopracciglio, leggermente annoiata dal sarcasmo del suo daemon.

– Sai di cosa sto parlando.

Il sibilo di Lennyn sembra straordinariamente simile a un sospiro.

– Non so se possiamo fidarci completamente. Brass e Rosi sembrano abbastanza diretti, ma Kimue e Kairen… non so.

Amelia intuisce cosa sta lasciando non detto. Lennyn ha cercato di non darlo a vedere, ma c’è un qualcosa nel daemon scimmia che non lo fa sentire completamente tranquillo. Dopo un attimo di silenzio, il serpente continua, la sua voce un po’ esitante.

– Però… non possiamo negare che è stato esilarante, fare tutto quello insieme. E i soldi aiutano.

Alla mezzelfa scappa una risata, lasciando poi che un piccolo sorriso le appaia sulle labbra.

– Sì infatti. Resteremo a vedere dove ci porta questa storia.


La storia a quanto pare li aveva portati a conoscere Zenya e Notte. Zenya e Notte (oltre a un paladino con la fissa delle porte e il suo orso, ma quello era un altro discorso). La tabaxi aveva riso quando l’aveva riconosciuta, dicendo sorridendo che un daemon di quel colore non era facile da dimenticare.

La musicista in cui era cresciuta non poteva fare a meno di essere imbarazzata al ricordo della monella che aveva cercato di derubare un’artista di tale calibro e all’idea che gli altri avessero chiesto come pagamento quella storia, ma l’avrebbe sopportato se voleva dire aiutarle. Nella notte aveva confidato a Lennyn di sentire di avere un debito nei loro confronti: il modo in cui la loro esistenza aveva influenzato la sua l’aveva portata a riscoprire la musica e a farla sua, a trovare un modo costruttivo in cui canalizzare la sua rabbia e a esaltare la sua creatività. Il pensiero di fare un concerto con le due era terrificante ed esaltante al tempo stesso. Tuttavia, con il peso rassicurante del suo daemon sulle spalle, sentì invece sorgere una nuova determinazione: avrebbe fatto tutto quello che poteva per creare qualcosa che fosse all’altezza di una simile occasione.


Amelia stava tornando a casa, seguendo il percorso ormai familiare che partiva dal negozio di Rosi, percependo a malapena la presenza di Lennyn tanto era persa nei suoi pensieri. La costruzione di quel carillon l’aveva scossa più di quanto avesse mostrato: osservare in tempo reale qualcuno subire lo stesso dolore che aveva provato anni prima già sarebbe stato doloroso, ma con tutte le implicazioni aggiunte del caso, il suo cuore era anche più provato. Era certa che insistere con la gnoma e il suo orice sul dare più avanti il carillon a Kairen era stata la scelta più saggia. Ricorda che quando perse sua madre riusciva solo ad accettare la presenza di Lennyn: non sarebbe stata in grado di accettare di buon grado una parola di conforto da chiunque e non era nemmeno una persona privata come Kairen. Sentiva che era un momento delicato nell’evoluzione dei rapporti tra loro quattro (magari il primo passo nel creare qualcosa di veramente duraturo) ed era sicura che spingere troppo non avrebbe avuto l’effetto desiderato.

Trasalisce un attimo quando il suo daemon le sfiora il polso con i denti, facendole prendere di nuovo contatto con la realtà. Passa le dita attorno al corpo di Lennyn, grata come sempre per quel contatto.


Tornare ad Aventros non era per niente piacevole, nossignore. Stare tutto il tempo con una parrucca di base era orribile, sia per il mal di testa sia per il fatto di dover nascondere quella che era stata una delle poche manifestazioni evidenti della sua rottura con il passato. Il fatto di non mostrare più i suoi capelli impediva anche a Lennyn di stare nella sua solita posizione: nemmeno lui era contento di dover tornare alla vecchia abitudine di nascondersi.

Anche il fingere di essere una principiante era particolarmente frustrante: non le era mai piaciuto sentirsi trattata come un’idiota, ma con la tensione di base di essere di nuovo giù la cosa era ancora più difficile da ingoiare. La momentanea perdita di senno di Akairi (Iria? Kairen?) non aiutava nemmeno. Non poteva negare che le si era stretto il cuore a vederla così spaventata, stretta al suo cane daemon terrorizzato quanto lei, entrambi tranquillizzati a malapena dalla musica del suo flauto. Cercando di rendere una situazione difficile più sopportabile, aveva suonato quanto più poteva, mentre Lennyn cercava di muoversi sinuoso cercando di distrarli con i suoi movimenti. In quei momenti non poteva fare a meno di sentire che stesse infranto in qualche modo la loro fiducia. Avevano visto qualcosa che i loro amici (compagni? colleghi?) non avrebbero mai voluto mostrare e tanto bastava per far percepire il tutto come una violazione. Razionalmente sapeva che non era colpa loro (chi si sarebbe mai potuto aspettare dei cervelli che vivevano nei muri?!) ma sul piano dei sentimenti la situazione era un’altra. Non poteva fare a meno di sperare che il tutto passasse il prima possibile.


Amelia era raggomitolata nel suo letto, avvolta nella coperta mentre Lennyn le si era attorniato intorno al polso, passando anche sotto la sua mano. Quello che sentiva in quel momento era principalmente una grande stanchezza: gli effetti residui della tempesta si stavano facendo ancora sentire, e lo shock dei ricordi ritrovati non aiutava di certo ad alleggerirle l’umore.

Forse l’apatia in quel momento era più un aiuto che altro: riflettere troppo sulla reale possibilità che tutto quello che ricordava prima di arrivare a Babelon fosse una menzogna le fa venire il mal di testa. Le si stringe in un attimo il cuore quando sorge il dubbio traditore se il suo ricordo più prezioso (musica, risate, l’abbraccio di sua madre) sia solo una menzogna creata dalla magia.

In quel momento Lennyn si allunga, toccandole la fronte con la testa, come se sapesse che le parole servirebbero a poco, cercando invece di trasmetterle attraverso il contatto il messaggio che non è sola. Una lacrima solitaria le attraversa il viso, stringendosi un po’ di più al suo daemon.


Amelia respira profondamente, sentendo il familiare peso di Lennyn sulle spalle prima di riprendere a suonare. È da tempo che sta lavorando a questa canzone e sente che quello è il momento giusto per concluderla.

Mentre le note le escono quasi spontanee dalla viola, la testa le si riempie di ricordi man mano che suona. La prima parte, più malinconica, le ricorda quando era scappata da Aventros e a Babelon aveva dovuto cominciare a cavarsela da sola, in parole povere tutti i momenti in cui erano veramente lei e Lennyn contro il resto del mondo. Ma poi il destino aveva deciso altrimenti: con esitazione si erano avvicinati agli altri, decidendo una volta tanto di fare qualcosa non tanto perché vantaggioso ma perché era divertente. I momenti di complicità e di risate inaspettati tra una sfida e l’altra erano state le basi su cui avevano riuscito a costruire qualcosa di vero e duraturo. Nelle note riusciva a intravedere tutti i suoi compagni di clan. Rosi, con la sua dura scorza di determinazione ai limiti della testardaggine ma colma di affetto non tanto nelle parole quanto nella cura con cui li curava ogni volta (sempre bestemmiando ovviamente) mentre Brass li guardava giudicandoli tutti degli idioti. L’essere multiforme di Kairen e Kimue che però si declinava attorno alla loro costanza nel cercare di proteggere le persone attorno a loro, ovviamente negandolo il più possibile. Tank e il suo daemon invece erano più manifesti nei loro sentimenti, gioiendo delle piccole cose come lo stufato, un lavoro ben fatto e perché no, bussare alle porte.

L’ultima nota lascia la viola di Amelia, echeggiando nel silenzio della sua stanza. Quasi ansimando abbassa il braccio con cui sorreggeva lo strumento, mantenendo in alto invece quello con l’arco dove si è spostato Lennyn durante la canzone. Mezzelfa e daemon si guardano, condividendo un piccolo momento di felicità e sollievo al pensiero che non sono più soli.



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