talpy: (Doctor- Tardis)
[personal profile] talpy
Title: Your voice (is a weapon)
Fandom: Originale
Beta: kuruccha
Wordcount: 1821
Warning: kinda fairy tale setting, light femslash
Prompt: Cow-t 6: almeno 200 parole su “Fiammata”.
Note: Il titolo viene da “Weapon” dei Bastille. Mi sono ispirata alla favola delle due sorelle, dei gioielli e dei serpenti. Scusate la poca chiarezza, ma non voglio spoilerare.

C’era una volta un regno lontano, come tutti gli altri, governato da un re e una regina né più severi né meno giusti degli altri sovrani circostanti. La coppia era stata benedetta non solo con un giovane principe, che stava crescendo coraggioso e dotato nell’arte della spada, ma anche con una principessa, che essendo nata da poco era ancora troppo piccola per eccellere in una delle tanti doti principesche.

Il re e la regina decisero poco saggiamente di non invitare una delle Fate, che si diceva praticasse magie ignobili e che era malvista da gran parte delle sue simili. Ahimè, si erano scordati che le Fate sono tanto veloci all’offesa quanto terribili nel ripagarla. Alla fine della cerimonia entrò nella sala e scagliò la sua maledizione, per poi scomparire con una fragorosa risata in una nuvola nera.

. .

Quando camminava per il villaggio, Marlene lo faceva sempre a passo svelto. Non amava molto le folle, specialmente se non sempre ben disposte nei suoi confronti. Posò una mano sul cappello nero che le stava per cadere, continuando a tenere nell’altra un involto con i rimedi richiesti. Le sarebbe piaciuto vivere nella foresta come facevano tante altre streghe, in completa solitudine con la sola eccezione di qualche viaggiatore rompiscatole, ma purtroppo si era abituata a certe comodità alle quali non poteva provvedere da sola. Come conseguenza, aveva bisogno di continuare a intrattenere scambi col capo-villaggio. Almeno, pensò tirando un sospiro di rassegnazione, lui era corretto nei suoi confronti… almeno da quando suo figlio era guarito grazie a una delle sue pozioni.

Riuscì a portare a termine i suoi affari velocemente e uscì soddisfatta del risultato. Stava per riprendere il suo normale ritmo di camminata quando prestò attenzione a una sorta di ronzio che non aveva mai notato prima. I suoi passi lo seguirono automaticamente, cercando la fonte di quella strana sensazione, e la portarono dietro alla locanda. Lì c’era una giovane ragazza seduta a terra, con la testa abbassata contro le ginocchia che premeva al petto. I vestiti erano logori, il colore rosso dei suoi capelli sembrava spento dalla sporcizia. Sembrava una mendicante come tante altre che aveva incontrato, tuttavia… tuttavia c’era qualcosa di strano in lei, e non sapeva cosa. Si schiarì la gola: di scatto la ragazza alzò lo sguardo, manifestando gli occhi più verdi che Marlene avesse mai visto, e per poco non rimase a fissarla imbambolata.

Invece le chiese:
“Come ti chiami?”
La mendicante serrò le spalle in un evidente segno di tensione, scostando velocemente lo sguardo.
Marlene storse leggermente il naso.
“Sarò una strega, ma non mangio mica, sai.”
La ragazza si morse un poco il labbro, mantenendo lo sguardo abbassato, portando una mano sulla gola. Marlene sbatté le palpebre, intuendo il motivo della risposta mancata: avrebbe voluto essere stupita, ma purtroppo non lo era molto. Non era raro che i villaggi più tradizionali bandissero i giovani che ritenevano toccati dalla magia maligna, che si ritrovavano così a vagare per la regione senza mezzi e senza supporto. Tuttavia, non aveva ancora una spiegazione per quella strana sensazione che l’aveva portata lì.

“Uhm, capisco…conosci un po’ l’alfabeto delle mani? Almeno quello per il tuo nome?”
A quelle parole la ragazza incrociò nuovamente lo sguardo della strega con gli occhi spalancati di stupore, per poi diventare titubante.
“Suvvia, non farti pregare. Posso capire che tu sia abituata alla gente di queste parti, ma non accomunarmi a loro, a malapena sanno mettersi le brache nel senso giusto!”
All’altra sfuggì un sorrisetto, gli occhi ridenti, le mani lentamente formarono il nome Claire.
Marlene era incerta su come proseguire: da una parte voleva interrogare la ragazza e scoprire cosa era quel “ronzio” che emetteva, ma dall’altro…
“Claire, uhm? Lo vorresti un lavoro?”

Gli occhi della ragazza si aprirono per poi assottigliarsi sospettosi.
“Non guardarmi in quel modo, ho bisogno di qualcuno che mi aiuti in casa, ma nessuno di queste parti è disposto a vivere alle mie dipendenze, o almeno, nessuno di quelli che accetterei in casa mia. Dubito che tu abbia un posto dove stare e posso offrirti vitto e alloggio. Tre pasti al giorno ti potrebbero fare comodo.”
D’istinto Claire si mise la mano sullo stomaco, mordendosi di nuovo il labbro con aria pensierosa. Marlene alzò un sopracciglio. In ogni caso, poco dopo la ragazza fece un cenno positivo con la testa. Con un sorrisetto sulle labbra, la strega le offrì una mano per alzarsi.

. .

La corte era nella disperazione più totale, giacché tra le fate invitate non c’era nessuna che non avesse già dato il suo dono e che potesse alleviare o limitare la maledizione inflitta alla piccolina. Per sei anni cercarono in lungo e largo qualche rimedio per la principessa, consapevoli che nella sua condizione non avrebbe potuto sposare uno dei principi dei regni vicini, ma invano. Una volta appurata l’impossibilità di eliminare la maledizione della ragazza, i sovrani s’arresero, pensando che dopotutto il principe aveva raggiunto indenne il suo sedicesimo compleanno e quindi il regno non era in pericolo.

Nel frattempo la giovane principessa viveva lontano dagli occhi della corte, generalmente nascosta nelle sue stanze e quando le lasciava camminava a testa bassa, seguita da bisbigli poco gentili. Sebbene fossero in pochi a conoscere la natura della sua maledizione, tutti erano d’accordo nel dire che era qualcosa di oscuro e terribile. Il tempo passava e la bambina stava diventando una ragazza, crescendo in bellezza e grazia, sempre rimanendo in totale silenzio.

. .
La convivenza di Marlene e Claire passò inosservata e proseguì tranquillamente nel corso dei mesi. Pian piano la tensione delle spalle della ragazza svanì, e cominciò a perdere l’espressione cauta dei primi giorni, sorridendo sempre di più. A volte portava una mano alla bocca per celarlo, ma solo quando Marlene faceva una battuta particolarmente sarcastica e volgare nei confronti degli abitanti del villaggio. Da parte sua, la strega avrebbe voluto dire che voleva solo scoprire quel strano segnale, ma non poteva negare i piccoli gesti che compiva per mettere più a suo agio Claire (e per vedere i suoi occhi spalancarsi di gioia e stupore, riusciva ad ammettere a se stessa nei suoi momenti più sinceri). 

Uno degli esempi più caratteristici era quello del giorno in cui era entrata improvvisamente nella stanza dove Claire stava leggendo uno dei pochi libri della casa. Marlene alzò un sopracciglio, stupita che anche l’altra sapesse leggere, portandola ad arrossire per l’imbarazzo. Per il resto della giornata lo sguardo di Claire era stato basso e sfuggente, e la strega si ritrovò a desiderare di cancellarlo a tutti i costi. Quando il giorno dopo Marlene le presentò i libri che aveva ritenuto più interessanti nella scarsa selezione del villaggio vicino, il sorriso di Claire era così smagliante che la strega sentì una calda sensazione diffondersi per il petto. Non sapeva bene cosa le stesse succedendo, ma non le dispiaceva. In fondo, avrebbe avuto tutto il tempo necessario per capire appieno i suoi sentimenti, o se potessero essere ricambiati. O almeno, così pensava fino all’arrivo delle guardie.

Avvenne in un caldo pomeriggio di primavera, mentre erano entrambe impegnate a lavorare in giardino, concentrate sul terreno davanti a loro, non accorgendosi della presenza del gruppo fino a quando non fu troppo tardi. Silenziosamente le avevano afferrate da dietro, allontanandole l’una dall’altra cercando di sopraffarle. Marlene lottava contro la presa d’acciaio di due degli aggressori, cercando di liberare le mani per compiere qualche magia, ma fu tutto invano. La strega fu bloccata a terra con violenza, ma faceva più male vedere le altre guardie che tenevano bloccata una Claire imbavagliata per i polsi, mentre continuava a dimenarsi con forza. Il cuore di Marlene batteva all’impazzata, lo stomaco serrato, pensando che fosse tutta colpa sua. Dopotutto, cosa avrebbero voluto delle guardie da qualcuno che, fino a poco tempo prima, era solo una mendicante?
“È ora di tornare a casa, principessa.”
… o almeno così pensava.
Non ebbe davvero il tempo per stupirsi dato che pochi secondi dopo, con uno scoppio d’energia improvviso, Claire riuscì a liberarsi una mano, strappandosi subito il bavaglio e poi…urlò.

. .

Poco dopo il sedicesimo compleanno della principessa, ci fu un misterioso incidente su cui la corte aveva poche cose su cui basare le storie narrate a bassa voce. Tutto ciò che si sapeva era che le guardie erano arrivate in uno dei giardini minori, trovandolo totalmente raso al suolo. Tra la cenere c’era un gruppo d’uomini bruciati, alcuni fino alla morte, e la principessa, seduta a terra tremante. Si diceva che i suoi genitori l’avessero condannata in segreto, altri erano sicuri che l’avessero rinchiusa in una torre sperduta in un angolo remoto del regno, altri che fosse svanita nell’aria, ma solo una cosa era certa: da quel giorno, la principessa non fu più vista.

. .

Come Claire aveva aperto bocca ne era uscita una fiammata enorme, tale che spinse le guardie che prima le erano vicine e anche quelle che bloccavano la strega ad arretrare, ma il loro movimento fu troppo lento. Altre grida e altre fiammate li colpirono con forza, facendo cadere a terra gli uomini agonizzanti tra alte fiamme che cominciarono a propagarsi velocemente per il giardino.

Marlene aguzzò la vista per vedere attraverso il fumo, cercando di capire dove fosse Claire. Avanzò guidata da quello che prima era un ronzio sottile, ma che era diventato una sorta di fragore nelle sue orecchie. La strega la trovò seduta a terra, la testa tra le mani, gli occhi pieni di lacrime che le avevano già solcato il volto, lasciando segni attraverso la cenere. La disperazione e la tristezza che emanava era tale che Marlene non poté fare altro che buttarsi accanto a lei, cingendola in un abbraccio.

Claire continuò a piangere immobile, come se non si fosse accorta della strega accanto a lei che la stringeva, accarezzandole i capelli e sussurrandole parole tranquillizzanti, dicendole che andava tutto bene, che non doveva preoccuparsi, che si doveva difendere, che non l’avrebbe lasciata da sola. Ad un certo punto sembrò che una scossa fosse passata attraverso la ragazza, che cominciò a tentare di allontanarsi, ma l’abbraccio di Marlene era troppo forte. Quando la strega le mise una mano sul viso, i movimenti di Claire si fermarono tutti salvo il tremito continuo. Pian piano Marlene le alzò il mento, cercando di incrociare il suo sguardo; quando ci riuscì le sorrise dolcemente, e gli occhi di Claire si spalancarono per lo stupore. La strega appoggiò la sua fronte contro quella dell’altra, accarezzandole con piccoli movimenti il viso. Claire chiuse gli occhi, finalmente abbandonandosi al calore e al sostegno di Marlene.

Rimasero un altro poco ferme lì, aggrappate l’una all’altra a terra, in mezzo ai resti del giardino distrutto dalle fiamme. Ad un certo punto s’alzarono, andarono in casa e prepararono i materiali essenziali per un viaggio. Si ritrovarono alla porta pronte a partire, mano nella mano: rivolgendo un piccolo sorriso all’altra, uscirono dalla casa della strega…
…e vissero per sempre felici e contente.
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